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Isola di Pasqua (400-1722)
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L’esame del dna sugli antichi scheletri ritrovati sull’isola di Pasqua confermano la Polinesia come loro terra d’origine; i Polinesiani arrivarono sull’isola verdeggiante di RAPA NUI intorno al 400 dc, la trovarono viva e ricoperta di palme, un vero paradiso terrestre caldo e rilassante, crebbero di numero, così i capi tribù delle “Lunghe Orecchie (per le deformazioni causate dai pesanti monili appesi)” definendosi classe nobile si imposero sulla popolazione a “Corte Orecchie” e cominciarono a farsi costruire piccole statue commemorative per onorare il loro ricordo, di fatto le statue rappresentavano le tombe monumentali dei capi tribù defunti, dove i loro corpi venivano lasciati marcire e divorare dagli uccelli fino allo stato scheletrico sui basamenti di pietra, poi sul luogo di giacenza del corpo veniva elevata una statua “MOAIS” mentre lo scheletro purificato riceveva la degna sepoltura.

Originariamente le statue monolitiche “MOAIS” soprannominate dagli olandesi “occhi incavati - lunghe orecchie - menti aguzzi” pesanti fino a 30 tonnellate possedevano gli occhi nelle cavità per conferire un’immagine vigile, orgogliosa e solenne, alcune portavano sul capo pesanti cappelli di pietra rossa ed i loro visi erano orientati verso l’interno dell’isola lasciando il mare alle spalle, ma con il maturare della tecnica del taglio della pietra (intorno all’anno 1000) gli abitanti dell’isola cominciarono a farne sempre più grandi ed elaborate, trascinate tramite i tronchi di palme come ruote, ma siccome questo tipo di tronco si logora facilmente, gli abitanti ne tagliarono molti, anzi troppi, in due secoli gli uccelli che si cibavano delle foglie di palma lasciarono l’isola togliendo il principale cibo terreno agli abitanti, così le foreste divennero pian piano praterie, mancando il legno per fabbricare le barche si perse l’uso di pescare, senza barche gli abitanti si trovarono prigionieri dell’isola che stavano distruggendo.
Si costruirono circa un migliaio di statue, scalpellate all’interno del cratere del vulcano inattivo RANO RARAKU, poi portate incredibilmente a valle.

Le statue venivano erette contemporaneamente alla costruzione del basamento funebre chiamato “AHU”, le statue da terra tramite delle leve venivano sollevate pochi centimetri quanto bastava per infilare sotto una pietra come spessore, andavano avanti così a piccoli passi fino alla completa erezione del monumento sopra il relativo basamento assemblato con cura durante il sollevamento del monolite; c’è ne sono ancora molte incompiute, abbandonate con gli stessi attrezzi da lavoro, come se fosse scoppiata improvvisamente una rivolta interrompendo per sempre i lavori.
Gli abitanti di RAPA NUI edificarono anche imponenti templi e mausolei ancora esistenti e restaurati per dare un’immagine più chiara del misterioso passato.
La loro civiltà andò progressivamente in declino, le case vennero sostituite da caverne sotterranee, la popolazione si divise presto in clan e cominciarono a combattersi fino alla disperata pratica del cannibalismo per sopravvivere agli inizi del 1600, dopo un secolo di lotte intestine si riorganizzarono, le tribù dalle “Lunghe Orecchie” scomparvero, vennero abbattute le grandi statue e mai più riprese, le tribù dalle “Corte Orecchie” sopravissute crearono la sacra sfida dell’ “UOMO UCCELLO” (l’unico essere in grado di lasciare l’isola) reincarnato nel campione (eletto da ogni clan) che battesse in gara tutti gli altri avversari, il vincitore garantiva al proprio clan l’amministrazione annuale del cibo gestendone la distribuzione.

L’arrivo degli olandesi nel giorno di Pasqua del 1722 diede il nome all’isola e anche la fine ai suoi abitanti, scontri violenti, schiavitù, deportazioni, malattie sconosciute nell’isola (vaiolo, tifo, ecc) fecero estinguere la vita sull’isola che rimase poi deserta fino al 19° secolo, quando l’interesse scientifico per le statue riportò l’attenzione sull’isola dimenticata.
Oggi l’isola di Pasqua di proprietà del Cile (dal 1888) si presenta come una prateria solitaria in mezzo all’ immenso oceano Pacifico sud orientale, senza sorgenti e corsi d’acqua, le impressionanti statue restaurate continuano a proteggere l’isola, testimoniando che fu lo stesso eccesso di grandiosità dell’antico popolo a portare l’autodistruzione con il mancato rispetto per la natura che li circondava.

 
 
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